La qualità delle esecuzioni musicali durante le liturgie italiane mostra, in modo fortissimo, il segno di un’anarchia generalizzata: la totale mancanza di linee guida, di una formazione musicale centralizzata, di una coscienza generale degli aspetti artistici e culturali ad essa collegati ha lasciato questo mondo alla totale iniziativa dei singoli, con le ovvie disparità che tutto questo comporta.

Il dibattito attuale sembra altrettanto anarchico: l’eterna e sterile discussione chitarre-si-chitarre-no è una questione di lana caprina. Il problema è inserire il repertorio giusto per l’occasione e il luogo e realizzarlo in modo corretto. Ho sentito chitarristi ottimi e chitarristi orribili, tanto quanto organisti ottimi e organisti orribili. Altrettanto inutile la protesta contro/a favore degli elettrofoni o contro/a favore degli strumenti antichi.

Dal mio punto di vista servirebbe agire in questo modo

Punto primo: creare due albi professionali, distinti per musicisti e direttori di coro, cui si accede tramite esame abilitante e tirocinio. I titoli oggi esistenti in Italia (diplomi, master, postdoc, masterclass e quant’altro),per quanto auspicabili per una corretta preparazione tecnica non forniscono – almeno nell’offerta formativa attuale – il corpus delle conoscenze necessario per svolgere questa attività (che implicano anche l’ambito liturgico e teologico, oltre al repertorio). La creazione di un albo professionale permetterebbe, inoltre, una facile sostituzione (in caso di indisponibilità della risorsa per ferie, malattia o che altro) con figure di pari livello che non pregiudichi la qualità generale.

Punto secondo: Rendere la vita musicale della parrocchia/santuario/comunità un punto di formazione culturale, non l’ora del dilettante. I coristi/cantori devono poter disporre di un’adeguata formazione (fatta da professionisti accreditati come da punto 1) e, pertanto, devono essere selezionati: pertanto, basta con il libero accesso alla persona di buona volontà ma stonata. Si canta con la voce, non con la buona volontà. In questo modo si formano persone adatte al loro ruolo di riferimento nel canto, sia esso corale o come “voce guida”. Parallelamente a questo, una parrocchia può diventare anche un centro di educazione musicale per bambini (voci bianche, etc) fornendo una valida alternativa ai programmi scolastici, anch’essi troppo anarchicamente legati alla buona volontà dell’insegnante di turno.

Punto terzo: Eliminare la figura del “direttore dell’assemblea”. E’ ridicolo e completamente inutile: avrebbe senso unicamente nella pratica dell’alternatim o nel canto a cori alterni (coro in alternanza ad assemblea) che, in Italia, si è completamente perso (non voglio fare l’esterofilo, ma concedetemi un appunto: per capire cosa voglio dire andate una volta a Notre-Dame a Parigi e ascoltate cos’è un’assemblea che canta, ad esempio, la Missa De Angelis in alternanza col coro).

Punto quarto: Stabilire un adeguato sistema di assunzioni e di messa in regola dei professionisti coinvolti, in modo tale da garantire la necessaria preparazione delle esecuzioni (in termini di ore di studio, prova, preparazione delle trascrizioni e/o composizione). L’erogazione delle retribuzioni dovrebbe essere spostata dal livello parrocchiale a quello diocesano, in modo da evitare di gravare eccessivamente sul bilancio della singola parrocchia (che ovviamente ha dimensioni diverse se stiamo parlando della basilica del centro di un’importante città o della piccola comunità in cima alle montagne).

Punto quinto: Definire una commissione di coordinamento a livello locale, da intendersi come parrocchiale/decanale/comunale/provinciale (ovviamente a seconda delle dimensioni e del volume di attività) che possa coordinare efficacemente le risorse in modo da ottimizzare e parificare la copertura e la qualità del servizio

Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, la scelta delle attività e delle risorse da dedicare non può essere data a un incompetente. La mancanza di cultura in un determinato ambito, nel momento di una scelta, porta il malcapitato a applicare il solito criterio: faccio quello che mi consigliano le persone di cui mi fido; in mancanza di consigli, se posso permettermelo prendo il top, altrimenti prendo il più economico. Un parroco non competente in ambito musicale sarà pertanto sempre combattuto tra i suggerimenti degli “amici” (che non è detto siano più competenti di lui), i personaggi che invieranno CV altisonanti (che tanto non può verificare) oppure il volenteroso che, pur di apparire, è disposto al servizio gratuito.

 

 

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