Non sfugge certo ai più che, da diversi anni a questa parte, è riapparsa – in gran parte dei negozi di dischi – una sezione dedicata agli LP in vinile. Se per i più giovani (diciamo per chi ha meno di 35 anni) si tratta di un’interessante novità, per chi ha un età più simile alla mia è invece uno strano ritorno, il cui senso tende a essere anche poco chiaro, visti soprattutto i prezzi.

Ma andiamo con ordine.

Il Long Playing (LP per gli amici) fu il primo formato a lunga durata a essere immesso sul mercato e che ebbe larga diffusione presso il pubblico, seguito qualche decennio dopo dall’audiocassetta (tralasciando formati come le bobine o le cartucce, che ebbero diffusione ben minore). Nei tanti (quasi trenta) anni in cui il disco fu sul mercato come mezzo principe della diffusione sonora ci furono varie evoluzioni, tutte soprattutto legate alla fruizione. Nel mondo del pop, infatti, fu inizialmente concepito come raccolta di più canzoni (che uscivano separatamente come singoli a 45 giri, dando all’ascoltatore la possibilità di acquistare solo il brano di interesse) per poi evolversi verso il concetto di “album”, quindi di raccolta concepita in modo organico e unitario, che raggiunse la perfezione a partire dalla fine degli anni sessanta. Nell’ambito della musica classica, invece, il grande vantaggio dell’LP era nel poter contenere su di un unico supporto la maggior parte delle composizioni (sinfonie, concerti, sonate); nel caso delle opere liriche, il tutto era contenuto su due o tre dischi.

Il disco in vinile aveva certamente dei limiti tecnologici: innanzitutto, la separazione tra il canale destro e il canale sinistro non era perfetta. Questo implicava qualche limite nella spazializzazione stereofonica dell’immagine audio che si poteva ottenere, e implicava qualche intervento “estremista” da parte di chi preparava i master. In secondo luogo, i dischi erano ottenuti tramite un processo di stampa meccanica (esistevano matrici che, a mo’ di timbro, incidevano i due lati del vinile grezzo), il che implicava che le matrici stesse si consumassero col tempo e che, quindi, non tutti gli LP fossero uguali (creando, peraltro, ricerche infinite tra i collezionisti che cercavano le “prime stampe”,note per suonare meglio). Inoltre, il disco veniva letto per tramite di un’azione a contatto tra la puntina e il disco: questo faceva sì che ogni granello di polvere fosse un potenziale problema, che una puntina imperfetta potesse graffiare il disco, che ci fossero problemi di elettricità statica e via di questo tono.

Quando arrivò il CD, tutti i problemi di cui sopra si risolvevano magicamente. In più, il CD era stato progettato per contenere fino a 74 minuti di musica (poi estesi fino a 80) contro i 60 (su due lati) di un LP e aveva il non trascurabile effetto di poter essere praticamente lineare nella risposta in frequenza tra i 20Hz e i 20KHz (ovverosia sulle frequenze che un orecchio umano può percepire). Queste migliorie si pagavano, e anche salate: per chi se lo ricorda, quando il vinile uscì di produzione, un disco nuovo costava 13.000 lire circa, contro le 29.000 lire di un CD (per i titoli economici, le cifre erano 8.000 lire dell’LP contro le 15.000 del CD).

Questo elemento e il crosstalk (vedi sopra) furono causa del dibattito che si scatenò, fin dagli anni ottanta, sul tema “ma suona meglio il vinile o il CD?”: infatti, sull’onda dell’introduzione del nuovo formato, le case discografiche si erano affrettate a recuperare i nastri dalle cantine e a ripubblicare in CD tutto quanto edito in vinile nei decenni precedenti. Nel 1992, infine, la produzione di vinile venne fermata e chiunque voleva comprare un album nuovo era costretto a farlo sul nuovo dischetto digitale.

I master nuovi, diciamo praticamente tutti quelli concepiti dalla seconda metà degli anni 80, erano già pensati per il nuovo formato. Quelli precedenti, invece, erano stati realizzati per suonare bene su vinile, e pertanto non per essere piacevoli “in se e per se”: detto in altri termini, le caratteristiche che il vinile esaltava erano tenute un po’ in ribasso, quelle che il disco non riusciva a rendere opportunamente erano invece accentuate, eccetera. I master, una volta trasferiti su CD, avevano tutte queste limitazioni, il che portò – a partire dagli anni 90 – alla realizzazione della pratica del remastering (che spesso è stata realizzata più volte per lo stesso album). Sicuramente un CD ben rimasterizzato non suona peggio di un LP originale. Semplicemente, suona diverso, perchè parliamo di un altro master.

E i vinili “nuovi” che ci sono in commercio adesso? L’industria del vinile non è mai andata del tutto in pensione, alcune fabbriche hanno continuato a produrre dischi per audiofili incalliti, o per DJ che non volevano rifiutare alla loro coppia di Technics. La tecnologia, quindi, non era scomparsa. Ciò che troviamo nei negozi oggi è equivalente ai materiali di maggior pregio in commercio anni fa (dischi ad alta grammatura,quindi molto pesanti e meno soggetti a problemi meccanici; durate non superiori ai 40 minuti per disco, quindi un CD spesso diventa un doppio LP). Riproposta a un prezzo decisamente superiore rispetto al CD corrispondente, ma in cambio di un

E quindi: un LP suona adesso come o meglio di un CD? Difficile dirlo. Sicuramente un lettore CD di buon livello ha costi ormai piuttosto bassi, mentre un buon giradischi implica anche una buona puntina, un buon preamplificatore e un buon amplificatore.

Forse l’unico motivo per cui un CD non ha mai battuto un LP era la copertina, aspetto che però non sembra interessare molto i produttori (le copertine sono quasi tutte opache, non patinate, e sono “grandi ingrandimenti” di copertine pensate per essere piccole, a differenza di quanto accadeva 30 anni fa in cui il disegnatore concepiva le dimensioni dell’LP e spesso non era in grado di trasferire tutti i dettagli sulla dimensione del CD che era di meno di un quarto).

Quindi,in questo momento, per quanto riguarda i dischi di 30-40-50-60 anni fa tra un buon usato e una nuova ristampa la prima scelta è secondo me la migliore (e spesso anche la più economica). Sui titoli più recenti… io rimango un fautore del CD: opinione, beninteso, personale, sulla base di qualche dato scientifico ma soprattutto delle mie orecchie, cosa che consiglio, in ultima analisi, di fare anche a voi.

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